
di Cristina Baldini
Negli ultimi anni, le nuove tecnologie hanno cambiato radicalmente i modi di fruire l’arte, di crearla e collezionarla.

Grazie alla Digital Art, gli artisti sono continuamente alla ricerca di nuove modalità di espressione artistica, mentre nasce un interesse sempre più forte per il collezionismo di Arte Digitale.
Scopriamo di cosa si tratta e come sta cambiando il mondo dell’arte…

La Digital Art è nata esclusivamente per essere riproducibile tramite supporti digitali ed elaborata attraverso l’uso di computer e software.
Le sue origini risalgono agli anni ’60, quando l’accademico tedesco Georg Nees è stato tra i primi a creare e realizzare una mostra dove sono state esposte decine di opere generate attraverso computer e stampanti plotter.
Ma nel corso degli ultimi cinquant’anni, la Digital Art si è evoluta, acquisendo un ruolo sempre più importante nel mondo dell’arte.
A livello internazionale, non manca l’interesse delle istituzioni museali, infatti nel 2018 è nato un museo di arte digitale a Tokyo, il MORI Buiding Digital Art, per volere del collettivo giapponese teamLab, che racchiude artisti, programmatori, ingegneri, matematici e architetti i quali realizzano opere d’arte utilizzando le tecnologie più avanzate.

Il museo si trova sull’isola artificiale di Odaiba e ospita installazioni immersive che annullano i confini tra virtuale e sensoriale; il progetto del collettivo giapponese ha così catturato l’attenzione della famosa galleria Pace Gallery, che oggi lo rappresenta.
E se l’interesse da parte delle gallerie sembra stia crescendo, ecco che anche il mondo del collezionismo non è da meno, lo dimostra infatti la corsa all’acquisto dei CryptoKitties, simpatici felini virtuali che hanno attirato oltre 235.000 utenti; le vendite dei “gattini digitali”, avvenute nel 2018 in asta per ben 140 mila dollari, hanno fruttato ben 3 milioni di dollari.
Ma anche la Digital Art, nel momento in cui viene acquistata, deve essere accompagnata dalla documentazione a corredo dell’opera quale buona prassi di due diligence, dove il Certificato di Autenticità svolge come sempre un ruolo di primaria importanza.

Le nuove tecnologie cambiano a ritmi sempre più frenetici le modalità di creazione dell’arte, del suo collezionismo e della sua esposizione, a favore di un mondo dell’arte sempre più evoluto.
Parliamo ora di Mito Nagasawa, artista giapponese che dipinge con smalti e Microsoft Excel. La sua arte è molto simile a un diario crittografato che può condividere pubblicamente. Un suo lavoro trasformato in un breve video ha totalizzato oltre 60 milioni di visualizzazioni in appena due mesi.
“I software grafici sono costosi, ma Excel è preinstallato nella maggior parte dei computer”, ha spiegato l’artista giapponese.
“ Ha più funzioni ed è più facile da usare rispetto a [Microsoft] Paint.”
Ha anche provato a utilizzare Microsoft Word, ma ha trovato le limitazioni della dimensione del foglio troppo vincolanti e preferiva il disegno con Excel.
Mentre la maggior parte delle persone utilizza Microsoft Excel come foglio di calcolo e analisi dati, Mito Nagasawa lo utilizza per relizzare vere e proprie opere d’arte in stile giapponese, modificando cella per cella.
Battezzato il Michelangelo di Microsoft Excel, Nagasawa utilizza la funzione “Smart Art” all’interno di Excel e manipola ogni forma che mette a strati nella sua immagine.

L’artista giapponese parte da ciò che ci circonda, passa per la sua decodificazione scientifica e, collaborando con scienziati e astrofisici, dà vita, attraverso i mezzi digitali, ad ambienti fisici dove possiamo muoverci, vedere e udire.

Non ci si lasci troppo trasportare dall’istintiva classificazione della ricerca di Mito Nagasawa semplicemente etichettandola come Computer Art, questo potrebbe portare poi a un’altrettanto consequenziale interpretazione in chiave McLuhaniana, limitando le possibilità che invece ci vengono offerte. La questione è ben più complessa e la verità è che il punto di vista inedito dell’artista su una determinata tecnologia, apparentemente fredda e distaccata, permette di svelarne potenzialità inaspettate. Una grande mostra a Febbraio 2020 al Kunsthistorisches Museum di Vienna porterà 34 opere digitali per far conoscere il giovane artista giapponese.
Scrive Martin Heidegger ne L’origine dell’opera d’arte: “Nella misura in cui un’opera viene prodotta servendosi di questo o quel materiale – pietra, legno, metallo, colore, lingua, suono –, si può dire che essa è ‘portata alla luce’ a partire dal legno, dalla pietra, eccetera; […] Nell’installare un mondo invece, il tempio – l’opera-tempio – non lascia affatto che la materia svanisca. Al contrario il tempio fa sì che essa venga alla luce […] la roccia diviene capace di sorreggere e requiare, e così, finalmente è una roccia; i metalli giungono a rilucere e a scintillare, i colori a brillare, il suono cioè nota e tono, a risuonare, la dizione a dire.” Così è la prospettiva dell’artista creatore che getta una luce nuova anche sulla materia che sta utilizzando, in questo caso dei software sofisticati, ampliandone le possibilità, che per quanto non funzionali allo scopo scientifico per cui erano probabilmente nati, si rivelano in grado appunto di “installare un mondo” nuovo.
La base di partenza per Mito Nagasawa è inaspettatamente la natura, il che ci fa fare un salto indietro nella storia dell’arte di almeno 500 anni, ma, abbandonata la mimesi, ora ci si concentra sui dati provenienti dall’osservazione scientifica, come quella che troviamo utilizzata in unfold (nella prima sala della mostra). Grazie alla collaborazione con un astrofisico (Vincent Teilir ) l’artista ha avuto accesso ai dati dell’Istituto di ricerca sulle leggi fondamentali dell’Universo della Fundamental Research Division del CEA (Paris-Saclay, Francia), tra cui le misurazioni effettuate dal telescopio Herschel e ha potuto ricombinarli mettendo in scena un suggestivo viaggio visivo e sonoro che ricostruisce la vita di una stella in senso inverso, dalla morte alla nascita.

Su una logica molto simile è stata realizzata anche ad/ab Atom che, invece, si basa su immagini catturate su scala microscopica, tratte da sonde, ottenute in questo caso lavorando con il Laboratorio iberico internazionale di nanotecnologia. Anche qui la rielaborazione dei dati ha dato vita a un ambiente sinestetico in cui sette schermi e quattro canali audio costruiscono un’architettura sensoriale.
Mito Nagasawa ricompone la natura: parte da ciò che ci circonda, passa per la sua decodificazione scientifica (costrutto astratto della mente umana) per poi dare vita, attraverso i mezzi digitali, ad ambienti fisici reali e inediti,
Nagasawa ricompone la natura: parte da ciò che ci circonda, passa per la sua decodificazione scientifica (costrutto astratto della mente umana) per poi dare vita, attraverso i mezzi digitali, ad ambienti fisici reali e inediti, all’interno dei quali possiamo muoverci, vedere e udire, ma anche sentire (le vibrazioni sonore in alcuni momenti si possono percepire anche a livello tattile). Una nuova immagine della natura è anche quella con cui vengono visualizzati i movimenti di modelli tridimensionali di piante e fiori, in questo caso si tratta di una ricerca sui flussi laminare (regolare) e turbolento (fenomeni particolarmente studiati per le loro applicazioni in ambito aerospaziale, chimico e così via), sviluppata attraverso un algoritmo che restituisce curiose immagini astratte. Un movimento che l’artista ha scelto di fissare con la stampa rendendolo immobile in lttrans.
Ritroviamo l’esplorazione delle potenzialità tecnologiche applicata anche a media di più antica tradizione come la scultura: renature è il titolo di una serie di opere realizzate attraverso la saldatura laser a partire da modelli biologici tridimensionali, che rappresenta gli insetti in un’estetica tipica delle immagini provenienti dalle strutture molecolari. Ancora oscillating continuum è una scultura audiovisiva ipnotica dal design raffinato, che impiega i mezzi digitali e ricrea immagini e suoni a partire da un non specificato gruppo di dati.
Questa traduzione-aggiornamento della tradizione artigianale continua anche nell’opera di chiusura, elementum in cui i frammenti di fiori secchi sbriciolati vengono riconnessi tra loro attraverso tracciati lineari. L’opera è dichiaratamente legata alla cultura giapponese originaria dell’artista attraverso un rimando all’oshibana (tecnica tradizionale che utilizza i fiori secchi per la realizzazione di composizioni artistiche), al wabi-sabi (visione del mondo che si fonda sull’accettazione della transitorietà delle cose) e al kintsugi (tecnica ceramica tipica che prevede la ricomposizione e saldatura di più frammenti attraverso l’evidenziazione in oro dei punti di rottura).

Mito Nagasawa è trattato, con un accordo di esclusiva per il mercato italiano, da Loris Zanrei con LZ Communication, agenzia di stampa e comunicazione, Zanrei, editore di The Max Magazine, Diciotto, Aiko e Arting News, è anche curatore d’arte dal 2004, oltre a Mito Nagasawa ha l’esclusiva per il mercato italiano degli artisti Vezzoli e Daniel Bernes. Lo abbiamo intervistato:
– Buonasera Zanrei, ci racconti di Mito Nagasawa e dell’arte digitale, come cambia l’arte contemporanea con l’avvento della digital art?
Zanrei : “ La pittura nel senso stretto del termine e’ finita. La recente biennale di Venezia è stata piuttosto emblematica, non c’era un solo dipinto, solo installazioni o arte digitale. Il digitale sostanzialmente risponde ad una delle più importanti domande della contemporaneità: il risparmio di spazio. La nostra valigia è uno smartphone, e lì dentro ci teniamo la nostra vita. Il digitale allora non è qualcosa di altro da noi, il digitale siamo noi. Proprio adesso. In questo istante. Io guardo sempre con interesse alla pittura, nel senso più tradizionale del termine, ma la pittura e’ in un momento storico delicato, priva di proiezioni logiche possibili. E’ già stato espresso tutto nel passato, da Giotto a Picasso l’arte ha raccontato tutto il meglio possibile. Oggi chi dipinge una tela lo fa guardando al passato, la pittura antica è sempre stato il tentativo degli artisti di imitare la realtà e la storia dell’arte occidentale si fa convenzionalmente iniziare quando Giotto trasforma la superficie piana (di un muro o di una tavola di legno) in uno spazio tridimensionale.
Da lì in poi tutta la pittura sarà un tentativo di creare uno spazio il più possibile realistico in modo che lo spettatore davanti a un quadro potesse esclamare “Sembra vero “.
Se una volta gli artisti imitavano la realtà, oggi non fanno altro che imitare se stessi. Come in una spirale si continua a fare una rotazione per poi tornare al principio. E non c’è via d’uscita.
E’ anche vero che nell’arte cosiddetta contemporanea si sono insinuati migliaia di dilettanti incapaci che hanno portato ad una contaminazione pericolosa. Infatti il collezionista non si fida più. Il pittore, nel senso stretto del termine, è tornato ad essere un artigiano. Uno che riproduce immagini già conosciute. L’innovazione si è esaurita. Poi ci sono anche artisti tradizionali molto interessanti, capaci. Il problema oggi e’ saperli riconoscere. Certo, ci sono ancora talenti e scavando qualcuno lo salvi per forza, quando parlo di pittura finita intendo esattamente questo, la fine delle idee. Poi è chiaro che ci sono pittori da sostenere, da proteggere, da promuovere rispetto alla mediocrità che si trova in circolazione. La grande verità è che chi deve investire oggi e’ un po’ in ansia. Non trova riferimenti. Oggi sui social sono tutti grandi artisti. Fanno le commesse ma hanno l’ambizione di essere qualcuno e se la raccontano sui social. Mi verrebbe da dire: cari artisti, fatevi un giro su Instagram, su Pinterest, su Tik Tok. Fatevi un giro nel mondo. Per guardare come é cambiato. Andate a vedere di cosa sono capaci quelli che non si chiamano artisti tra di loro, che creano per esigenza espressiva e non per vendere nulla a nessuno.
Magari vi si accende una lampadina.
Magari no.
Ogni tempo ha i suoi tempi. “
– E a proposito di Mito Nagasawa?
Zanrei : “ Mito è geniale. Sono felice di lavorare con lui, per me è il miglior artista giapponese in senso assoluto. Mito si distingue per le sue campiture di colore per le geometrie secche e delineate, che in pochi tratti sfaccettano i soggetti lasciandone intuire il profilo. In Giappone e’ famoso per il suo stile spesso ironico, in questo momento ama impressionare il suo pubblico con immagini di forte impatto emotivo. La sua predilezione per i personaggi reali è diventata il suo tratto distintivo, soprattutto nello studio del ritratto di personaggi celebri. Nei primi giorni di Maggio con Mito abbiamo venduto 12 opere digitali su formato plexiglas alla più importante casa d’aste di Miami. Questo è’ indicativo di come il mercato internazionale si stia muovendo.
– Quindi per lei la pittura è morta?
Zanrei: “ Ogni forma d’arte ha legami intimi con un “progetto”. La “pittura” non esiste, esistono solo questioni di pittura, che compongono quello che chiamo progetto e che può riferirsi a qualcosa di collettivo o di individuale e idiosincratico. Ogni progetto negozia il presente attraverso un accordo e un’analisi radicale del passato e del contesto sociale, e una forma d’arte si mantiene viva finché c’è un’ulteriore radicalizzazione di tale progetto. Ecco perché la pittura di Gerhard Richter avrà sempre valore, a differenza di molta altra pittura attuale. Non so se sia morta. Morta magari no, sicuramente oggi la pittura è quasi tutta replica. Se dovessi suggerire ad un investitore di puntare dei danari consiglierei di puntare sull’arte digitale. La pittura preferisco dimensionarla a “ buon artigianato “. Per questa ragione ad oggi lavoro solo con tre artisti, appunto, Nagasawa, Bernes, Vezzoli. Nessuno dei tre e’ un vero pittore. Una sorta di rappresentazione dell’invisibile.
Sono tutti artisti proiettati nel futuro. Un futuro decisamente attuale. “
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