Di Cristina Baldini

Coronavirus, nel mondo oltre 500mila morti | Nuovo lockdown vicino a Pechino | In Israele inizia la seconda ondata
Focolaio in unʼazienda alimentare a Leicester, rischio lockdown. Nuovi casi anche in Australia. In America Latina 63mila contagi nelle ultime 24 ore: la Colombia supera la Cina

I casi di coronavirus in tutto il mondo hanno superato i dieci milioni. E’ quanto emerge dai dati della Johns Hopkins University, secondo cui il bilancio dei decessi supera quota 500mila. Le statistiche dell’università americana indicano che i contagi a livello globale sono 10.001.527 e i morti 499.024. Le persone guarite sono, invece, 5.062.145. Grave la situazione in Cina: 500mila in lockdown vicino a Pechino.
Pechino, oltre mezzo milione in lockdown – Resta “grave e complessa” la situazione a Pechino dopo il nuovo rimbalzo dei contagi nelle ultime settimane: le autorità locali hanno disposto il lockdown per quasi mezzo milione di persone in un’area vicina alla città per scongiurare una seconda ondata. Il confinamento è scattato nel cantone di Anxin, a 60 km a sud di Pechino, nella provincia settentrionale di Hebei. Undici casi legati alla recrudescenza dell’epidema a Pechino sono infatti stati identificati in quell’area, ha reso noto il quotidiano semi-ufficiale Global Times.

Gran Bretagna, rischio zona rossa a Leicester – Leicester, in Inghilterra, rischia di essere posta in lockdown a causa di un aumento dei casi di coronavirus, ha annunciato alla Bbc il ministro dell’Interno britannico Priti Sushil Patel. “Il ministro della Salute Matt Hancock – spiega – ha avviato una serie di misure a sostegno di Leicester come test a tappeto e risorse alle autorità locali”. Nella città ci sono registrati 658 nuovi casi in due settimane per un focolaio in un’azienda alimentare e assembramenti fuori da ristoranti e chioschi.
Nuova ondata in Israele – In Israele è iniziata “una nuova ondata” della pandemia da coronavirus. Lo ha affermato il ministro della Sanità Yoel Edelstein al termine di una prima consultazione ministeriale sulla lotta al Covid. Edelstein ha detto di aver proposto nuove misure restrittive ad eventi religiosi e limitazioni alle preghiere e ad altri raggruppamenti. “Misure – ha spiegato – che aiuteranno a fermare il virus adesso senza dover ricorrere poi a un lockdown”.
Australia, nuovi focolai a Melbourne – Nuove misure di lockdown anti-coronavirus potrebbero essere imposte a Melbourne dopo che sabato sono stati identificati 49 casi di Covid-19, il numero più alto da aprile. Il premier Daniel Andrews ha annunciato che sta considerando se chiedere ai cittadini di restare a casa nei prossimi giorni. Nel resto dell’Australia il virus è quasi del tutto sparito. Nell’ovest del Paese c’e’ stato un solo nuovo caso, nel New South Wales tre ed erano tutte persone rientrate dall’estero. Zero contagi in Queensland e nel sud. In Victoria la momento ci sono 2.028 casi.
Focolaio nato dallo scambio di un accendino? E uno dei nuovi focolai di coronavirus a Melbourne, come riferito dal premier, potrebbe essere stato causato dallo scambio di un accendino tra gli impiegati di un albergo. “Mantenevano la distanza ma si sono passati l’accendino”, ha dichiarato Daniel Andrews in conferenza stampa aggiungendo che sempre gli stessi impiegati sono andati in macchina assieme “stando quindi molto più vicini tra loro di quanto sia auspicabile”.
I casi in America latina – Intanto nessuna notizia incoraggiante dall’America latina di una contrazione della pandemia: nelle ultime 24 ore, infatti, i contagi sono cresciuti a 2.421.046 (+63.092) e i morti sono ora 110.457 (+2.506). Il Brasile guida ancora l’incremento odierno sia di casi +38.693, che porta il totale a 1.313.667 contagiati, sia di vittime (+2.506, 110.457). Il gigante sudamericano è seguito da Perù e Cile.
La Colombia supera la Cina – La Colombia ha registrato sabato 4.149 nuovi casi: si tratta del terzo record giornaliero in una settimana con un bilancio che porta il totale dei contagi a quota 88.591. Il Paese sudamericano supera così la Cina, per numero di casi. Allo stesso tempo, riporta la Cnn, in Colombia i morti provocati dal Covid-19 sono aumentati a quota 2.939 (+128 rispetto a venerdì).
I numeri della CIna – La Cina ha registrato altri 17 casi nelle ultime 24 ore, di cui tre “importati” e 14 di origine interna a Pechino: lo ha reso noto la Commissione naizonale per la Sanità. Secondo la NHC, riporta la Cnn, la Cina registra a oggi un totale di 83.500 contagi e 4.634 morti.
In Russia 9 mila morti – In Russia il bilancio dei morti ha superato la soglia dei 9.000: è quanto emerge dal conteggio della Johns Hopkins University. Secondo i dati dell’università americana, in Russia sono decedute 9.060 persone su un totale di 633.542 contagi confermati. Le persone guarite sono 398.311.
Cosa possiamo imparare dalla “seconda ondata” di casi di coronavirus in Asia. In Europa prevista una seconda ondata piuttosto certa tra Settembre e Novembre. Gli esperti: ci sarà un nuovo lookdown in Italia. Dobbiamo essere pronti
La lezione chiave che ci arriva dall’Asia, spiega il professore Shibuya, è che “anche se si ha successo nel contenimento a livello locale, fino a quando c’è una trasmissione in corso in altre parti del paese, o in altri continenti, fintanto che le persone si spostano, è difficile mantenere i contagi a zero”.
In altre parole, finché il coronavirus si sta diffondendo da qualche parte, può diffondersi ovunque.“Non ci libereremo della malattia fino a quando tutti i paesi non avranno un sistema per rilevarla e circoscriverla lì dove si originano nuovi piccoli focolai”, spiega Olga Jonas, senior fellow dell’Harvard Global Health Institute, che in passato ha contribuito a coordinare la risposta della Banca mondiale alle minacce portate dall’influenza aviaria.
In un’economia globale con un’enorme quantità di viaggi internazionali, il rischio di riemergere del virus in un determinato paese rimarrà elevato, soprattutto quando si tornerà a viaggiare. Per questo motivo, scrive Umair Urfair su Vox, la fine della pandemia richiede un coordinamento internazionale. Nessun paese potrà ritenersi fuori pericolo finché non lo saranno tutti.
“La sicurezza sanitaria globale significa investire continuamente non solo nella preparazione / risposta alla pandemia del nostro singolo Stato, ma anche in quella degli altri paesi”, commenta sempre a Vox Saskia Popescu, epidemiologa alla George Mason University. “È importante sostenere i paesi che lottano per il contenimento e investire continuamente negli sforzi globali per la sicurezza sanitaria”. E’ abbastanza certa per gli addetti ai lavori una seconda ondata di ritorno. Prevista tra Settembre e Ottobre sarà quasi certamente meno aggressiva della prima. Nonostante queste rassicurazioni l’Oms parla di nuovo lookdown che dovrebbe durare 30/60 giorni, non oltre.
A livello nazionale, i paesi dovranno ancora appoggiarsi al distanziamento sociale, ai test diffusi e alla buona igiene per limitare la diffusione del virus. Dovranno fare test più rigorosi su chi viaggia e si sposta tra continenti. A livello internazionale diventa fondamentale il ruolo di organizzazioni come l’OMS che dovranno aiutare i singoli Stati in sforzi congiunti, che diventano fondamentali nelle aree con minori risorse sanitarie, scrive ancora Urfair. “La lotta contro la pandemia di COVID-19 sarà lunga e costosa, ci sono ancora incognite su quale strategia sarà più efficace per debellare il virus. Ma è difficile concepire un percorso che non coinvolga congiuntamente tutti i paesi”.
Allo stato attuale, dovremo convivere con un continuo alternarsi di momenti di “restringimento e allentamento”, “chiusura” e “apertura”, commenta sul New York Times Gabriel Leung, esperto di malattie infettive e decano di Medicina all’Università di Hong Kong. “Per tutto il prossimo anno, prepariamoci a diversi cicli del genere, durante i quali le misure vengono inasprite e ammorbidite in modo da mantenere la pandemia sotto controllo a un costo economico e sociale accettabile”.
Hong Kong, Singapore e Taiwan stanno essenzialmente seguendo questo percorso: fanno i test in modo mirato, tracciano i contatti, limitano i viaggi all’estero e gli ingressi nei propri paesi, ripropongono misure di distanziamento sociale, “qualcosa di simile a un freno da applicare quando le infezioni iniziano a salire, sul quale tirare poi su il piede quando i casi tornano sotto controllo”. Una strategia dinamica che richiede aggiustamenti costanti, adattamento, flessibilità.
Pur godendo di vantaggi che altri Stati non hanno (sono relativamente piccoli, sono isole, sono poco popolati, sono ricchi, hanno strutture mediche all’avanguardia), questi tre paesi hanno saputo anche imparare dalle epidemie passate, come SARS e MERS. E anche questa è una lezione che tutti dovremo apprendere per il futuro, commentaBen Cowling, professore alla Scuola di Salute Pubblica dell’Università di Hong Kong. “La popolazione era già preparata e sapeva come avrebbe dovuto modificare i propri comportamenti per attuare le politiche di distanziamento sociale adottate dal governo”.
In conclusione, se dobbiamo prendere uno spunto dall’esperienza di chi ci sta precedendo, scrivono Simona Re e Angelo Facchini su Scienza in Rete, l’insegnamento da trarre è che prevenire è meglio che curare e non cadere nell’errore di allentare prima del dovuto o ritardare la reintroduzione delle nuove misure di restrizione: “Il tempo richiesto per tornare alla normalità potrebbe dilatarsi significativamente, arrivando a durare fino al doppio del tempo necessario a raggiungere il picco dei contagi”. E le conseguenze potrebbero essere più dure di quanto preventivato.