Piacenza, l’inchiesta si amplia: «Altri carabinieri sapevano» La trans sieropositiva: “ Anche i poliziotti coinvolti “.

Piacenza, l'inchiesta si allarga «Altri carabinieri sapevano»

Continuano gli interrogatori dei militari per il caso della caserma dei carabinieri Levante di Piacenza. Intanto si è insediato il nuovo comandante provinciale, il colonnello Paolo Abrate: «Il mio obiettivo personale, è di guadagnare la fiducia giorno per giorno»

Carabinieri che a vari livelli sapevano, ma non hanno denunciato nulla né ai loro superiori né tantomeno alla magistratura, come sarebbe stato loro dovere fare. Gli interrogatori dei principali indagati nell’inchiesta sulla caserma Levante allargano lo scenario delle indagini fino ad ora delineato dalla Procura di Piacenza che presto potrebbe estendersi ad altri militari che hanno assistito o sono venuti a conoscenza dei traffici e delle illegalità diffuse che ruotavano intorno all’appuntato Giuseppe Montella.

L’interrogatorio

«Nessuno mi ha fatto mai una segnalazione, ma non posso pensare che nessuno si sia reso conto di quello che succedeva nella caserma», dichiara il maggiore Stefano Bezzeccheri, che ha comandato la compagnia di Piacenza fino a mercoledì scorso, al gip Luca Milani che gli ha notificato il provvedimento di obbligo di dimora, mentre altri sette carabinieri venivano arrestati con ipotesi di reato gravissime che vanno dalla tortura al sequestro di persona, dall’arresto illegale allo spaccio di droga. Per quattro ore l’ufficiale risponde alle domande anche del pm Matteo Centini, titolare dell’inchiesta con il collega Antonio Colonna, ma esclude di aver avallato la mancata segnalazione al Prefetto di uno spacciatore, vicenda che gli è costata l’accusa di abuso d’ufficio. Nell’interrogatorio di garanzia, Bezzeccheri (difeso dall’avvocato Wally Salvagnini) ammette di non aver ostacolato l’abitudine di Montella di arrestare più persone possibili (anche illegalmente secondo l’accusa) in modo da aumentare i numeri a fine anno. Dice anche di non aver mai saputo che Montella e gli altri spesso pestavano gli arrestati, quasi sempre immigrati accusati di spaccio che venivano «convinti» a diventare informatori e ricompensati con la droga sequestrata.

Il nuovo comandante

Nella caserma Levante, ma anche nella compagnia, negli anni sono transitati parecchi carabinieri, graduati e ufficiali. È a chi è stato zitto che puntano gli sviluppi dell’inchiesta della Procura diretta da Grazia Pradella. Alcuni indagati, infatti, lavorano a Piacenza da una decina di anni, come Montella e Marco Orlando, che ha comandato la Levate prima di finire ai domiciliari. Da prima, cioè, dei reati del capo di imputazione che partano solo dal 2017. Ieri è stato anche il giorno dell’insediamento a Piacenza della nuova linea di comando nei carabinieri. «Il mio obiettivo personale, è di guadagnare la fiducia giorno per giorno», dice il colonnello Paolo Abrate, il nuovo comandante provinciale. Il quale subito mette in chiaro: «Non sono uno che guarda alla statistica».

Piacenza, una escort: “Sesso in caserma. Io sieropositiva, carabinieri non volevano protezioni”Parla in una intervista Francesca, una escort che ha partecipato ai festini a base di sesso e droga organizzati nella caserma Levante di Piacenza dei carabinieri. Ha denunciato solo ora perchè aveva paura e poi, in effetti, a chi avrebbe dovuto sporgere denuncia? Ai carabinieri. In una recente intervista a Radio Capital, Francesca ha fornito ulteriori dettagli sui festini. “Il responsabile è il maresciallo Orlando, della caserma di via Caccialupo. Quella caserma era un pu**anaio, almeno quattro volte abbiamo fatto feste con sesso e droga. Volevano fare tutto senza protezione anche se io sono sieropositiva“. Erano a conoscenza anche i poliziotti di Piacenza, frequentano bar dove si scambia droga, in alcuni casi ci sono locali dove spacciatori e forze dell’ordine sono un tutt’uno”.

Carabinieri di Piacenza, droga alla trans in cambio di soffiate. In caserma «scenari da orgia»

Prove certe ancora non ce ne sono. C’è un racconto, quello che l’appuntato Giuseppe Montella fa a un collega mostrando anche un’immagine sul telefonino. E ci sono voci, dicerie, pettegolezzi su quel che di notte accadeva dentro la caserma di via Caccialupo. «Lo scenario di un’orgia», lo definiscono gli investigatori negli atti. «Ma quali feste….» sbotta il comandante della caserma, Marco Orlando uscendo dal palazzo di giustizia di Piacenza dopo che ha deciso di non rispondere alle domande del gip Luca Milani nel primo interrogatorio seguito agli arresti domiciliari nell’inchiesta che, per la prima volta in Italia, ha visto il sequestro di una caserma dei Carabinieri.

Le carte delle indagini, invece, raccontano tutta un’altra storia, registrata fedelmente dal captatore informatico con cui i pm Matteo Centini e Antonio Colonna hanno trasformato in una microspia il telefonino dell’appuntato Montella, il perno sul quale ruotavano, dice l’accusa, i reati che venivano commessi in via Caccialupo. Il 3 marzo scorso, i due militari chiacchierano di una serata avvenuta tempo prima. Montella mostra il telefonino al collega. Per gli inquirenti si tratta della foto di una escort. Dopo una serie di riferimenti sessuali, l’appuntato scelto Salvatore Cappellano ricorda: «Ma lo sai che, comunque, questa qua poi non ha parlato…». «No, zero, zero! Questa non ha fiatato. È venuta in caserma. Io ero andato a prendere la Manuela, questa non sapevo chi era, mi sono trovato questa: “Vengo pure io”, non ha detto una parola». Poi Montella spiega che quella serata era «dedicata a Giacomo», l’appuntato scelto Falanga, e che il collega e le due ragazze hanno avuto un rapporto sessuale nell’ufficio del comandante Orlando: «Mentre Manuela urlava come una dannata… il cappello di Orlando, la giacca, ha buttato tutte le pratiche per terra, mamma mia che bordello».

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