a cura di Mauro Cortesi, Los Angeles

È stata la star più sexy ed intrigante degli Anni 90. Ha rischiato di morire e il cinema l’ha messa da parte, accantonata. Ora Sharon Stone torna alla ribalta con due serie tv e un’autobiografia che guarda al futuro. A The Max dice: «È come se l’epidemia avesse rispedito l’umanità all’asilo per imparare a comportarsi in maniera diversa. Non sprechiamo questa opportunità»

Sharon Stone è un’appassionata di rose, una pessima pittrice e una scrittrice con molto da raccontare. Questo, almeno, è quello che capisco di lei mentre mi parla dalla terrazza della sua casa di West Hollywood, a Los Angeles, dove vive insieme con i figli Roan, 20 anni, Laird, 15 e Quinn, 13. La quarantena per l’emergenza coronavirus ha spinto Sharon a esplorare i suoi interessi, dando sfogo alla sua passione per il giardinaggio, l’arte, la scrittura. «Siamo stati tutti chiamati a raccoglierci dentro noi stessi, un po’ come ti insegnano nelle arti marziali: resta fermo, mantieni il tuo centro e lascia che la tempesta ti attraversi», dice accanto alle sue rose. «L’altro giorno pensavo a questo e ho trovato una frase che mi sembra perfetta, l’ho appuntata qui su un pezzo di carta: dobbiamo ardere restando dove siamo. Vorrei scrivere un poema, o una canzone su questo concetto».

In questo periodo Sharon Stone celebra anche 20 anni dal suo debutto sul set, quando partì dalla Pennsylvania verso New York con l’intenzione di fare la modella ed esplose poi nel cinema grazie a film come Atto di forzanel 1990 e Basic Instinct, due anni più tardi, che la incoronò icona sexy globale. La maturità ha donato alla diva un nuovo fascino: non quello glam e atletico degli Anni 90, ma quello di una donna di 62 anni che ha affrontato e risolto le sue fragilità, come l’emorragia cerebrale che stava per ucciderla nel 2001.

Di qui The Beauty of Living Twice, ovvero “Il bello di vivere due volte”, titolo della sua autobiografia in uscita nei prossimi mesi. Da quel giorno in cui tutto si fece buio la star è rimasta vicina al mondo della salute, impegnandosi in prima linea in iniziative benefiche. Non sono un caso i video delle settimane scorse dedicati agli operatori italiani impegnati nell’emergenza sanitaria: «Siete i guerrieri del bene, della luce, della verità», ha detto indirizzata alla Poliambulanza di Brescia. «Vedo il cuore che mettete nel vostro lavoro pur sapendo che correte un rischio per portare avanti la vostra missione»: così si è rivolta alla Croce Rossa, organizzazione che l’aveva insignita della Medaglia d’Oro.

L’Italia è nel cuore di Stone per tanti motivi, l’ultimo in ordine di tempo è l’apparizione nella serie tv The New Pope. Prossimamente, invece, la vedremo in due produzioni di Netflix: l’attesa serie Ratchedfirmata da Ryan Murphy, una sorta di preambolo di Qualcuno volò sul nido del cuculo, e il film Beauty, dove sarà una produttrice discografica.
Dopo aver conquistato il cinema degli Anni 90, cerca di diventare un’icona anche dell’universo dello streaming di oggi?
«Il mio sogno a inizio carriera era uno: lavorare con il regista Martin Scorsese e l’attore Robert De Niro. E l’ho fatto (nel 1995, per Casinò, ndr). Anzi, sono rimasta sorpresa che negli anni successivi altri registi di alto livello non mi abbiano chiamata. Sì, sono stata male, ma ero perfettamente in grado di svolgere il mio lavoro. Insomma, che cos’altro dovevo fare? Per fortuna il mondo sta cambiando, ancora una volta».
Come vede il futuro del cinema?
«Qui negli Stati Uniti ci sono titoli che sono usciti solo in digitale. C’è chi ha pagato 20 dollari per vedere Emma con Anya Taylor-Joy. In generale abbiamo capito che c’è un mercato fatto di persone disposte a spendere per godersi un bel film in esclusiva a casa propria. Andare al cinema aveva perso mordente anche prima dell’emergenza coronavirus. In futuro immagino che vedere un film in sala diventerà un’esperienza ancora più costosa».
Che cos’altro cambierà?
«Il modo di comportarsi della gente, il modo di lavorare, quello di vivere. Con il movimento anti molestie #MeToo avevamo avviato una rivoluzione nel rapporto tra uomini e donne che lavorano assieme, ora c’è un azzeramento ulteriore: è come se l’umanità fosse stata rispedita all’asilo, per imparare a comportarsi. Ed è importante che lo faccia, altrimenti subiremo altre sconfitte».
Lei è impegnata da anni nella lotta contro l’Aids, quindi conosce bene le pandemie. Pensa che affronteremo il Covid-19 in maniera diversa?
«Ancora non conosciamo tutto di questo virus, non possiamo fare previsioni. Se guardiamo attraverso un microscopio il coronavirus e l’Hiv sappiamo che ci sono delle similitudini, ma non troviamo ancora risposte. Quello che posso dire è che più di 44 milioni di persone sono morte di Aids e ancora non abbiamo né un vaccino né una cura. Non sono pessimista, il Covid-19 è una nuova sfida per l’umanità e stavolta possiamo evitare di commettere gli errori fatti in passato».
Che cosa le manca della vita prima del virus? La libertà?
«Mi fa soffrire il sapere che tante persone si ammalano e muoiono, o che tante altre hanno perso il lavoro, la sicurezza. Quanto a me, in un certo senso ero già abituata a un’esistenza da reclusa, con poca vita sociale. Quello che mi dà più gioia è fare una bella risata con i miei figli, come quando prendono in giro i quadri che dipingo: finché disegno a matita me la cavo, ma con la pittura sono pessima».
È vero che si era iscritta a un’app di appuntamenti e il suo profilo è stato cancellato perché creduto un falso?
«È vero, ma in questo tipo di relazioni conta la chimica e per me è difficile trovarla in uno scambio di messaggi o in una chiamata video. Io ancora voglio credere nell’amore, ma so che i miei genitori sono rimasti insieme per 60 anni anche grazie ai loro ormoni».
Di recente ha avuto qualche appuntamento degno di nota?
«Ne ho avuti un paio, ma sembravano episodi di qualche commedia. Però sono ottimista, con la quarantena tanti uomini single hanno dovuto imparare a cucinare, a prendersi cura della casa, magari anche a parlare come esseri umani e non come personaggi da film o scimmie in amore. Spero di trovare qualche cambiamento là fuori, dopo la pandemia».
Quale altro, per esempio?
«Voglio sentire più compassione, più senso dell’umorismo, più tenerezza, più generosità verso gli altri e più serietà nell’affrontare questa lunga crisi globale che abbiamo davanti».
