Come Rafa Nadal ha inventato il tennis

Compie 35 anni uno dei tennisti più grandi e rivoluzionari, il padrone del Roland Garros, l’ultimo sopravvissuto dei sogni dorati della Spagna che fu.

geneva, switzerland   september 21  rafael nadal of team europe reacts in his match against milos raonic of team world during day two of the laver cup 2019 at palexpo on september 21, 2019 in geneva, switzerland the laver cup will see six players from the rest of the world competing against their counterparts from europe team world is captained by john mcenroe and team europe is captained by bjorn borg the tournament runs from september 20 22 photo by julian finneygetty images for laver cup

Quando vinse contro Roddick quella Davis Cup che lo lanciò per la prima volta all’attenzione del mondo tennistico e non solo, tutti compresero che aveva davanti un grande futuro. Ma nessuno si aspettava che Rafael Nadal Parera diventasse chi è diventato: uno dei più grandi.

Oggi Rafa compie 35 anni. Pare solo ieri che conquistava il suo primo Roland Garros nel 2005, piegando in finale Puerta, diventando il nuovo “golden boy” della racchetta. Da quel giorno non si è più fermato, è diventato tutt’uno con la terra rossa francese, la stessa che pochi giorni fa gli ha dedicato una statua in acciaio firmata da Jordi Díez Fernandez. Qualcosa che si fa per i Re, ma lui del resto lo è stato per ben 13 volte qui a Parigi. Nadal ha saputo cambiare per sempre questo sport, contribuendo a renderlo molto più accessibile e globale, più seducente per le nuove generazioni, in particolare per quei millennials che pur levandosi il cappello di fronte al Dio Federer, hanno sicuramente avuto con lui un rapporto molto più stretto, più intimo se si vuole. Eppure, entrambi devono all’altro davvero moltissimo.

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Roger Federer, che lo sta precedendo verso un fine carriera da macchina del tempo, ha infatti costretto Nadal a scoprire in sé nuove qualità, ad andare verso un’evoluzione del suo tennis. Tale processo è naturalmente connesso anche a problemi fisici, che ad un certo punto misero addirittura in forse il suo proseguo di carriera. Ma è un dato di fatto che proprio per la necessità di misurarsi con il suo grande avversario (ed amico), Rafa Nadal si sia dimostrato ben più adattabile di quanto ci si aspettasse. Eppure il confronto tra i due, rimane stridente.

Aggressivo, mancino, muscolare e atletico lo spagnolo, enfant prodige assolutamente distante dall’estetica ed eleganza della tecnica totale sublimata a perfezione dallo svizzero, esploso a 22 anni. Era diverso anche il loro modo di presentarsi al mondo, nel modo di vivere il match. Roger dopo i primi anni complicati, si fece prosecutore dello stile e dello charme accademico, nel suo essere così vicino all’ideale di perfezione estetica e formale per gli amanti storici della racchetta. Rafa invece era rivoluzionario, atipico, viscerale e estroverso, quasi più una pop-star con la sua rottura dei canoni estetici e comportamentali. Arrivava in campo con il suo look a metà tra il baskettaro e il surfista, con la fascetta, i pinocchietto, le canotte, i colori sgargianti, il capello lungo da rocker, il fare da torero nell’arena. Eppure, forse proprio per questo, perché così diversi, sono stati capaci di esaltarsi l’un l’altro, di diventare il simbolo per eccellenza di un mondo, creando una delle più grandi rivalità della storia dello sport.

Difficile decidere quale loro match sia stato il più bello. Ricordarli su quel campo assieme è fare un viaggio dentro la storia. Per Nadal forse il punto di svolta fu paradossalmente una sconfitta, quella che King Roger gli inflisse a Wimbledon nel 2007, perché da lì partì un nuovo corso, che lo vide prendersi la rivincita nella finale dell’anno dopo. Fu allora che tutti capirono che non gli bastava la ferocia del fighter o dominare la terra francese, voleva una nuova stabilità mentale e tecnica, inseguire l’eccellenza del colpo, vincere ovunque, legarsi ad una dimensione tattica più pura e personale, per quanto sempre atipica. Perché, ed è questo un altro aspetto che rende davvero unico Rafa Nadal, il suo percorso è fatto di contrasti e antitesi. Non particolarmente interessante la sua carriera da junior, diventa pro a neppure 16 anni. Mancino sul campo da gioco, è però destro naturale nella vita. Il suo tennis è connesso per certi versi a come Alì faceva la boxe o Garrincha giocava a calcio: sovvertire le regole e ciò che viene etichettato come teoricamente “sbagliato”.

paris, france   october 09 rafael nadal of spain celebrates after winning a point during his mens singles semifinals match against diego schwartzman of argentina on day thirteen of the 2020 french open at roland garros on october 09, 2020 in paris, france photo by julian finneygetty images

Basta pensare a quel braccio che dopo il colpo va sopra la spalla sinistra, connesso a come ha utilizzato il dritto in modo totalmente inedito e rivoluzionario, sia in fase offensiva che difensiva. Come lui esegue il suo magico reverse, ogni insegnante di tennis lo sconsiglierebbe ad un allievo, vuoi per la difficoltà nel padroneggiarlo, vuoi perché (come anche Rafa ha potuto apprendere) alla lunga chiede un dazio non da nulla a schiena e soprattutto ginocchia. Ma se ci si concentra sull’altra faccia della medaglia, ecco che davanti ai nostri occhi si palesa la sua potenza e terribile inevitabilità. E con quel colpo, Rafa Nadal ha saputo domare ogni avversario.

La meccanica del colpo di Rafa, è qualcosa di unico, basata soprattutto sulle sue doti fisiche e atletiche, su come ha sempre saputo mettere in moto una concatenazione cinetica che dalle gambe, al busto, fino al braccio, riversasse sulla pallina una forza prodigiosa, generando traiettorie top spin incredibili, mettendo costantemente in difficoltà ogni avversario. Dispendioso certo, ma anche efficace, tremendamente efficace, sovente costringendo chiunque, con le sue traiettorie atipiche e imprevedibili, ad uscire dal campo per rispondere. Nella sua atipicità, molti considerano il suo dritto il miglior di sempre nella storia di questo sport. Altra arma al suo arco, è stata la mobilità.

Gambe come le sue non si erano mai viste. Veloci, rapidissime, potenti, la prova più forte a favore di chi pensa che anche in un campo da calcio, Rafa sarebbe stato un top player. Poi c’è il servizio.

new york, new york   september 04 rafael nadal of spain celebrates his match win over diego schwartzman of argentina on day ten of the 2019 us open at the usta billie jean king national tennis center on september 04, 2019 in the queens borough of new york city photo by elsagetty images

Ad inizio carriera Rafa toccava anche i 217 km/h quando batteva, ma la costanza non era il suo forte e neppure la pulizia tecnica. Negli anni, adattandosi anche ad avversari, terreni e agli acciacchi che si facevano sentire, lo ha reso un’arma incredibilmente più stabile e pericolosa, connessa ad uno stile di gioco dove in realtà i primi due colpi non sono i più potenti o più devastanti, ma i più importanti per costruire quegli scambi di breve-media durata, dove oggettivamente è il migliore. Solo sugli scambi lunghi ha dimostrato qualche vulnerabilità, il che poi è stato l’unico appiglio a cui molti avversari si sono aggrappati. Salvo poi scoprire che Rafa, col tempo, era capace anche di applicare il serve & volley.

Ma parlare di Nadal, non vuol dire parlare solo di uno degli Dei della racchetta, ma anche del simbolo per eccellenza della Spagna, di cui è stato il più grande sportivo di sempre, così come un testimone storico. L’alba del suo regno, l’inizio del suo percorso infatti, coincise con il sogno di Zapatero, venuto dopo l’oscurantismo di Aznar, gli attentati di Madrid.

La penisola iberica nel giro di un istante, diventò la nuova frontiera del multiculturalismo, di un boom economico, la culla della “Generazione Erasmus” che ha avuto in lui il proprio totem. Nadal diventò icona generazionale tra l’eco de l’Appartamento Spagnolo di Klapish e i trionfi della “Roja”, che nel calcio e nel basket ha dominato il mondo certo, ma mai come lui. Lui, oggi socio onorario del Real Madrid, ha visto la gloria del Barcellona di Messi e quella delle merengues di Cristiano Ronaldo, sopravvivendo racchetta alla mano alla fine del sogno iberico, distrutto dalla bolla immobiliare. Anche per questo le sue vittorie furono importanti, un simbolo di speranza per un paese in ginocchio, così come per i ragazzi schiacciati dai sogni infranti del nuovo millennio. 

london, england   june 30  rafael nadal of spain in action in his gentlemens singles first round match against thomaz bellucci of brazil during day two of the wimbledon lawn tennis championships at the all england lawn tennis and croquet club on june 30, 2015 in london, england  photo by julian finneygetty images

Come tutta la sua generazione, Rafa ha dovuto incassare sconfitte, rivedere i propri piani, si è scoperto anno dopo anno meno muscolare e possente magari, ma infaticabile, mai domo, incapace di mollare. Mai una parola fuori posto, mai un gesto inelegante, armato di sportività e del suo tennis così atipico e per questo affascinante, unico, con cui ha retto l’urto di Djokovic e delle nuove generazioni di bombardieri dalla grande apertura alare.

Nadal si è preso sulle spalle un intero movimento, ha aperto la strada alle nuove generazioni spagnole, a ragazzi come Davidovich-Fokina, Alcazar, Pedro Martinez. Alla fin fine questa è stata la grande lezione di Rafa Nadal: cambiare, adattarsi, senza però perdere la propria unicità, la capacità di farci vibrare dentro qualcosa, ogni volta che esultava con quel pugno sinistro e quell’urlo lanciato verso gli spalti.

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