Via Lattea: l’immagine del buco nero ha richiesto l’equivalente di 11.400 anni di calcoli. Perché questa foto cambierà le nostre esistenze

di Redazione

EHT ha realizzato l’immagine di Sagittarius A* (fotogramma superiore) combinando migliaia di immagini estratte dalle sue osservazioni. Si tratta dunque di un’immagine “media” che mantiene le caratteristiche che si vedono più comunemente nelle varie immagini raccolte e non mostra le caratteristiche che appaiono più raramente. Le immagini sono state raggruppate in quattro gruppi (cluster) in base a caratteristiche simili. Nella riga inferiore viene mostrata un’immagine media rappresentativa di ciascuno dei quattro cluster. Tre dei cluster mostrano una struttura ad anello, ma con una luminosità distribuita in modo diverso attorno all’anello. Il quarto cluster contiene immagini che si adattano anche ai dati ma non sembrano ad anello. I grafici a barre mostrano il numero relativo di immagini appartenenti a ciascun cluster. Nei primi tre cluster sono raccolte migliaia di osservazioni; il quarto e più piccolo cluster contiene solo centinaia di immagini. © EHT

La foto del centro della Via Lattea è cruciale per la comprensione e lo studio dell’universo. Proviamo anche a spiegarvi in parole comprensibili cos’è un buco nero e la sua rivoluzione per spazio, tempo e gravità.

Non solo l’osservazione, ma anche i dati raccolti hanno avuto un ruolo decisivo per mettere insieme la prima immagine del buco nero al centro della nostra galassia. I ricercatori hanno usato il supercomputer Frontera e Open Science Grid per 100 milioni di CPU-ore, l’equivalente di oltre 11 mila anni di calcoli.

La scorsa settimana abbiamo visto la prima immagine del buco nero al centro della Via Lattea, un risultato incredibile in cui i supercomputer hanno giocato un ruolo fondamentale. Gli oltre 300 ricercatori provenienti da 80 istituti di tutto il mondo si sono appoggiati al Frontera, un supercomputerospitato al Texas Advanced Computing Center (TACC). L’enorme quantità di dati raccolta dalla Collaborazione EHT (Event Horizon Telescope Collaboration) è dovuta passare per un raffronto con quella che è stata definita la “più grande libreria di simulazione di buchi neri mai vista”, ovvero una serie di modelli basati sulle proprietà fisiche note dei buchi neri.“Abbiamo prodotto una miriade di simulazioni e le abbiamo confrontate con i dati. Il risultato è che abbiamo una serie di modelli che spiegano quasi tutti i dati”, ha affermato Charles Gammie, ricercatore presso l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. “È notevole perché spiega non solo i dati di Event Horizon, ma i dati presi da altri strumenti. È un trionfo della fisica computazionale”. Il Frontera ha svolto la maggior parte delle simulazioni: secondo quanto rivelato da HPCwire, le analisi finali hanno richiesto l’equivalente di 80 milioni di CPU-ore, a cui se ne sono aggiunte altre 20 milioni svolte dalla Open Science Grid della National Science Foundation (NSF). Quest’ultima sfrutta i cicli delle CPU inutilizzate presenti sulla rete, in modo simile al calcolo distribuito come BOINC. Frontera è oggi il 13esimo supercomputer al mondo per potenza, capace di toccare 23,5 petaflops in LinPack grazie a oltre 448 mila core di circa 16.000 Intel Xeon Platinum 8280 (CPU Cascade Lake con 28 core ciascuna).

Al momento non è chiaro cosa si intenda nel caso specifico con “CPU-ora”, ovvero se si tratti del calcolo svolto da un’intera CPU o se da un singolo core all’interno dei chip. In quest’ultimo caso si tratterebbe all’incirca di 8 giorni di calcoli ininterrotti da parte del supercomputer Frontera, a cui aggiungere quelli richiesti sulla Open Science Grid per un totale di 10-15 giorni reali di calcolo. Nel caso in cui fosse stata impiegata una CPU single-core, 100 milioni di CPU-ore risulterebbero pari a oltre 11.400 anni di calcolo.

Perché la foto del buco nero è importante

La foto è importante per un semplice motivo: è la prova definitiva che al centro della Via Lattea c’è un buco nero. “È un risultato tanto atteso perché dimostra la correttezza delle previsioni contenute nella teoria della relatività generale di Einstein”, ha spiegato il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, Marco Tavani. “Il risultato è senza precedenti perché permette molte misure originali sulla gravità e di fare nuova scienza sui buchi neri supermassicci e sul loro ruolo nell’evoluzione dell’Universo”, ha aggiunto Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice dell’Infn e coordinatrice del gruppo di lavoro della collaborazione Eht sui test della gravità. “Abbiamo aperto le porte di un nuovo straordinario laboratorio”.

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