Redazione Auto

Una delle preoccupazioni più diffuse quando si parla di auto elettriche riguarda il pericolo che, in caso di collisione, le batterie possano danneggiarsi al punto da prendere fuoco o addirittura esplodere. Il web è pieno di video che mostrano auto elettriche prendere fuoco, il caso più recente riguarda il richiamo della Hyundai Kona a causa di una partita di batterie difettose, ma almeno a giudicare dai dati diffusi da Tesla sembra che statisticamente sia un pericolo meno frequente (almeno attualmente).

I dati raccolti su tutte le Tesla circolanti nel periodo tra il 2012 e il 2020 parlano chiaro: la media è di un’auto che va a fuoco ogni 330 milioni di chilometri percorsi, un dato circa 10 volte superiore rispetto al dato complessivo americano, che parla di un incendio ogni 30 milioni di chilometri percorsi, secondo quanto riportano il Dipartimento dei Trasporti USA e l’NFPA – National Fire Protection Association. Bisogna però sottolineare come tutte le Tesla circolanti siano inevitabilmente auto nuove o comunque con pochi anni di circolazione alle spalle, mentre l’auto media che circola sulle strade americane è molto più vecchia.

I dati diffusi, sia quelli di Tesla sia quelli governativi, comprendono “casi in cui l’incendio dell’auto viene causato da incendi esterni, casi di dolo, e altri incendi non di peso dall’auto stessa”, il che significa che gli effettivi incendi causati dall’auto sono ancora più rari.
Tesla afferma che la media sta aumentando sempre di più, dato che tra il 2012 e il 2018 era stata di 273 milioni di chilometri, e nel 2019 era salita a 281 milioni di chilometri (i dati riportati nel grafico sono in miglia). In un solo anno si è fatto un balzo in avanti di quasi 50 milionidi chilometri, mica male!
Negli Stati Uniti si è incendiata una Tesla: i veicoli elettrici presentano difficoltà supplementari quando prendono fuoco e, oltre a richiedere moltissima acqua, rischiano un ritorno di fiamma

L’ultimo caso alcuni giorni fa, nella contea di Clearfield, in Pennsylvania, Stati Uniti, ha avuto come protagonista una Tesla model S, le cui batterie hanno preso fuoco dopo un urto con un detrito presente sulla strada. Fortunatamente, non appena il veicolo ha iniziato a emanare fumo, l’autista è riuscito ad accostare rapidamente e tutti e tre gli occupanti, incluso il cane, sono usciti dall’auto sani e salvi. La prima squadra di vigili del fuoco intervenuta però ha subito capito che non si trattava di un incendio normale e ha dovuto chiamare rinforzi che hanno impiegato due ore per domare le fiamme.

45.000 litri d’acqua e cinque autobotti
Il problema degli incendi di veicoli elettrici infatti non è tanto il veicolo, quanto piuttosto le batterie agli ioni di litio: non basta spegnere le fiamme, ma bisogna raffreddare costantemente le batterie e ciò comporta un grandissimo consumo di acqua, oltre che dei tempi molto lunghi. Gli equipaggi delle cinque autobottiintervenute per spegnere l’incendio della Tesla hanno calcolato che sono stati impiegati 45.000 litri, un quantitativo notevolmente superiore a quello di un normale incendio di un’autovettura, che può richiedere anche meno di 2.000 litri. Questo significa che bisogna pianificare interventi più massicci, con grande dispiegamento di forze, anche per un solo veicolo.

Le batterie possono riprendere fuoco
Inoltre, se a prendere fuoco è un’auto «tradizionale» basta spegnere le fiamme e portare via la carcassa, una volta raffreddata, con un carro attrezzi, se il veicolo è elettrico bisogna fare i conti con la possibilità che la batteria prenda fuoco nuovamente. Può infatti succedere che le fiamme riprendano dal nulla, anche dopo 22 ore, quando i resti del veicolo si trovano in un deposito insieme ad altre auto o vicino a un edificio, rappresentando quindi un pericolo imprevedibile, una bomba a orologeria.
Il rischio della «fuga termica»
Tanta acqua, tanto tempo e l’incertezza riguardo alle batterie rimaste nel relitto carbonizzato: affrontare incendi di veicoli con batterie a bordo ha reso necessari corsi di aggiornamento per il personale di pronto intervento, in modo da prepararlo a situazioni complesse, anche a causa del fenomeno denominato «fuga termica». Si tratta di una reazione incontrollata che può verificarsi nelle batterie agli ioni di litio, dove, a seguito di un urto o di un cortocircuito, l’accumulo di calore e pressione, oltre un certo livello, innesca reazioni chimiche che alimentano le fiamme in modo esponenziale. Il fuoco si diffonde quindi rapidamente da una cella all’altra, provocando esplosioni catastrofiche e fiamme violente, ma non solo: i sottoprodotti della fuga termica possono includere grandi quantità di idrogeno infiammabile e altri gas tossici, rendendo molto pericoloso il lavoro dei pompieri.
Le «ibride» sono le auto più a rischio
Contrariamente a quanto ci si aspetta però non sono i veicoli «full electric» ad essere più soggetti a incendi: secondo un’indagine del National Transportation Safety Board e del Bureau of Transportation Statistics, nel 2021 negli Stati Uniti si sono verificati solo 52 incendi di veicoli elettrici, mentre, nello stesso periodo, sono stati registrati 16.051 incendi di veicoli ibridi e 199.533 di veicoli a combustione, spiegabile però con l’enorme diffusione di questi ultimi. Analizzando le percentuali di rischio, come fatto da una ricerca condotta da AutoinsuranceEZ, i veicoli elettrici a batteria hanno solo lo 0,03% di probabilità di incendiarsi, rispetto all’1,5% dei veicoli con motore a combustione interna e il 3,4% dei veicoli elettrici ibridi, che hanno sia una batteria ad alta tensione che un motore a combustione interna.