Quel che rimane dello stile Juve…c’è davvero poco da stare Allegri

a cura di Andrea Manenti

C’era una volta lo stile Juve. Probabilmente uno stile più leggendario che effettivo. Per intenderci quello dell’Avvocato Agnelli e del fratello Umberto, quello di un Presidente come Boniperti e di un allenatore come Trapattoni. Uhm, lo stesso Stile Juve quindi che, a quei tempi, veniva bollato come inesistente, come frutto dell’arroganza di chi vince con gli aiuti, di chi viene appoggiato dai poteri forti, di chi chiamandosi Agnelli desidera che l’altra squadra di Torino venga rimossa? Lo stile delle battute taglienti dell’Avvocato (Che vinca la Juve o che vinca la più forte? Sono fortunato, in genere le due cose coincidono) o quello di Boniperti, sì, quello che ora dite di rimpiangere ma che ai tempi chiamavate Marisa, accusandolo (che signori!) di omosessualità latente e di scappare dallo stadio quando le cose si mettevano male (Boniperti usciva sempre alla fine del primo tempo e in genere accadeva con la Juve in vantaggio…)?

Lo stile Juventus non esiste più da tempo, e, attenzione, questo non significa offendere il club, semplicemente sono cambiati i tempi e quel tipo di etichetta nei comportamenti ora non soltanto non ti rende migliore ma ti manda in pasto ai lupi. E una squadra, una società. come la Juventus che già si trova in mezzo alle montagne, da sola, di notte, in mezzo ai lupi, non ha bisogno di peggiorare la propria condizione.
Dicono che è la più protetta dalla stampa, e non è vero. Basta saper leggere i giornali.
Dicono che è nella stanza del potere, nei famosi Palazzi dove si muovono i fili, e invece la Juventus è attaccata un giorno si e l’altro pure dal presidente dell’Uefa, dal presidente della FIGC e addirittura derisa dal presidente della Fifa. Sono fatti, non chiacchiere, e anche qui basta saper leggere. Ci manca soltanto che contro la Juventus si schieri il Vaticano e siamo al gran completo. 

Ecco perché la Juventus è già da sola, di notte, in mezzo ai lupi tra le montagne. Ecco perché “lo stile” adesso non ti protegge più, non ti rende migliore ma ti espone. Quello “stile” che ti impone l’etichetta del non difenderti, per non essere provinciale. Del non alzare mai la voce, per non passare per un perdente. Del non accusare la classe arbitrale, perché poi quando capita a te potrai riprenderti tutto con gli interessi. E questo un tempo funzionava e ti rendeva migliore, ma adesso ti espone a subire di tutto: torti arbitrali, anche reiterati; linciaggio mediatico quando un torto arbitrale favorisce per una volta te; silenzio mediatico quando subisci una grave ingiustizia; difficoltà nel ricevere rigori, facilità nell’averli contro perché l’arbitro in questione non soltanto non verrà attaccato sui giornali e dal designatore di turno, ma addirittura applaudito e glorificato. E non è un’esagerazione, non è un pianto. Questo è ciò che sta esattamente accadendo. E se la società vuole far tornare grande e competitiva la Juventus, deve riporre nell’armadio dei ricordi vetusti costumi, e prepararsi a difendere anche mediaticamente il proprio investimento. Nei limiti dell’eleganza che la storia della Juventus impone, ma anche nel sacrosanto diritto di difendere se stessi dalla voglia di far decidere le sorti di un campionato dal sentimento popolare avverso. 

Oggi

Dopo la sconfitta di Empoli e la nuova penalizzazione, alla squadra di Allegri serve un’impresa per centrare la qualificazione in Champions. Dalla eliminazione dall’Europa al ko in Toscana passando per le sentenze: sono state cento ore complicate per la Juve
Una giornata libera per recuperare le energie mentali, prima ancora che fisiche. Le 100 ore che hanno affossato la Juventus sono iniziate nella notte di Siviglia e sono terminate con la batosta di Empoli. Quattro gol presi poco dopo la notizia della penalizzazione di 10 punti. Dalla possibile finale di Europa League al settimo posto in classifica: un terremoto tecnico ed emotivo.

Allegri:

Juve, per la Champions ora serve un’impresa

Stillicidio, quindi il ripetersi di eventi spesso motivo di fastidio o contrarietà. E dalle dimissioni del Cda del 28 novembre a causa dell’inchiesta Prisma, sulla Juve si è scatenata una bufera. Non a caso è stato più intenso l’apporto dello psicologo della società Vercelli vicino a staff e giocatori. Allegri è riuscito a tenere la squadra concentrata sul campo, ma nel momento decisivo il gruppo ha ceduto non solo sotto la pressione, ma anche per dei limiti strutturali che erano emersi ad inizio stagione, tra mancanza di leadership, nervosismo, infortuni ed equivoci di mercato, fino a un’identità di gioco poco chiara. Guardando la classifica la Juve potrebbe con due vittorie arrivare in Champions ma è impresa ai limiti dell’impossibile, dovendo sperare nei passi falsi di MilanRoma Atalanta. Il 15 giugno inizierà il secondo processo sportivo su manovra stipendi, partnership sospette e rapporti con gli agenti. Mentre il procedimento disciplinare aperto dalla Uefa potrebbe portare ad ulteriori sanzioni. La stagione dei tormenti bianconeri non è ancora finita.

%d